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                         inarCAEditoriale



La solidarietà bocciata



Non ostilità ma solidarietà. Non particolarismi ma obiettività. Non benefici ma beneficiari. In

una parola: equità. È questa la Cassa che vogliamo far crescere. Inarcassa è un grande ente

previdenziale e un importante investitore istituzionale. Nella sua natura, e nell’esercizio della

sua attività, coniuga doveri e diritti individuali da un lato, equa solidarietà dall’altro. Sono que-

sti i pilastri del nostro sistema previdenziale e di welfare, pilastri che siamo chiamati a raffor-

zare e sviluppare. È al rispetto dei primi e alla salvaguardia della seconda che si è ispirata la

riforma del sistema sanzionatorio deliberata di recente dal Comitato Nazionale dei Delegati.

Un provvedimento che i ministeri vigilanti hanno voluto bocciare in modo parziale nelle os-

servazioni e nelle valutazioni addotte sugli effetti da esso prodotti, con ‘possibili conseguenze

negative per i saldi di finanza pubblica’ – scrivono – con un’istruttoria insolitamente rapida.

Ma cosa c’entra la finanza pubblica con la nostra Cassa di previdenza, privatizzata sin dal lon-

tano 1995, spremuta da un onerosissimo regime fiscale, a colpi di 110 milioni di euro l’anno di

tasse vive. Una fiscalità che riversiamo nelle casse dello Stato nutrendo proprio quei saldi che

la nostra riforma del regime sanzionatorio, a loro dire, metterebbe in pericolo. Una fiscalità

aggiunta a quella virtuale dei prelievi di spending review.

È inutile nasconderlo, un problema c’è: 800 milioni di euro di crediti per contributi non ver-

sati, ripartiti sul 30% circa degli iscritti non rappresentano l’inadempienza di pochi colleghi

disattenti al proprio futuro. Indicano, piuttosto, un disagio largamente diffuso tra le nostre

categorie: crisi del mercato edilizio che dura da anni, ritardi nelle iniziative infrastrutturali,

scarsità delle risorse pubbliche, incapacità della Pubblica Amministrazione di rispettare i

tempi di gare e pagamenti, hanno messo a dura prova il lavoro ed i redditi di numerosi pro-

fessionisti. Il 50% di questi debiti, infatti, sono stati accumulati da architetti ed ingegneri con

redditi inferiori ai 15.000 euro l’anno. Di questi cittadini, lavoratori che hanno scelto la libera

professione per passione, cui lo Stato nega pari dignità con coloro che godono di ampi am-

mortizzatori sociali, i nostri ministeri vigilanti devono assumersi una responsabilità ben più

ampia di quella meramente amministrativa: una responsabilità morale.

Essi infatti non possono e non devono dimenticare questa realtà, far finta che non esista, ag-

giungendo alle difficoltà professionali inutili penalità. Noi, abbiamo agito con saggezza e lungi-

miranza per affrontare un grande problema. Così come è nostro dovere tutelare la maggioran-

za degli iscritti che adempiono con costanza e puntualità – spesso a costo di sacrifici – ai propri

obblighi previdenziali. Preoccuparsi sì di coloro che necessitano di maggiore aiuto, ma senza

trascurare quelli diligenti a cui vanno rivolte le giuste attenzioni. Questa si chiama equità.

E malgrado gli ostacoli, non siamo di fronte ad una ‘missione impossibile’. Il sistema con-

tributivo protegge infatti i versamenti dei singoli, creando un rapporto diretto tra contributi

versati e diritti pensionistici. La nuova disciplina delle sanzioni, a sua volta, avrebbe evitato di

aggravare inutilmente situazioni spesso non facili, depotenziando gli effetti per i ritardi lievi e

incentivando così gli associati a regolarizzare la loro posizione. La discriminazione tra debiti

di diverso ammontare, la loro suddivisione nel tempo, la gradualità delle aliquote sanziona-

torie, insieme agli istituti di conciliazione e all’estensione dei servizi offerti dalla Cassa, sono

le fondamenta con cui migliorare la propensione al pagamento. Siamo intervenuti sul debito

‘di necessità’ per dare impulso a considerare l’obbligo previdenziale per quello che in realtà

è: un investimento sul nostro futuro. E questo i ministeri vigilanti lo hanno disconosciuto.

Investimento che puntiamo a declinare anche nella scelta di destinare, un domani, il contro-

valore delle sanzioni incassate a finanziare un fondo per iniziative di welfare rivolte a tutti gli

iscritti. Scelta innovativa, che assicura un maggiore equilibrio nella distribuzione tra oneri a

carico dei professionisti e benefici a loro favore. La solidarietà di Inarcassa è efficiente sola-

mente nella misura in cui si alimenta con l’adempimento dei doveri e dove i diritti si fondano

sul rispetto degli obblighi. Per questo seguiremo l’antico adagio africano che dice: “Non fer-

marti quando il sentiero finisce: tracciane uno nuovo”. Rimettiamoci al lavoro.



                                                                                               Giuseppe Santoro
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